Zagallo è sempre stato affascinato dall’arte ma solo in età matura, verso i
quarant’anni, ha potuto dedicarvisi completamente.
Di questo periodo felice e fecondo di idee e di esperienze troviamo i lavori di
paesaggio dipinti con colori fatti direttamente con ossidi e terre impastati con
sabbie di cava grezze. Marine appena marezzate dove l’orizzonte si apre al
massimo e lo sguardo si slarga verso spazi non più percettibili con i sensi. Non
più paesaggio, bensì l’idea di paesaggio, la sua sublimazione, il trasporto nella
sfera dell’intelletto puro.
Ma non solo pittura, Zagallo si dedica anche alla scultura e realizza una serie di
lavori in legno di pruno nei quali opera una sorta di stratificazione tettonica
della massa lignea sulla quale interviene con tacchettature e aggetti orizzontali
ritmici per farne evidenziare i vettori di forza. Cercare l’ordine nel caos
apparente del legno alla ricerca del mistero della materia.
Legno, gesso, marmo, bronzo. Su ogni superficie compare il taglio, la frattura,
la sezione della parte più interna, l’assenza di materia nel corpo di numerose
sculture, come in Eros – three standing men – 11 settembre.
Sono torsi dalle superfici lisce e dalle forme perfette, maestosi ed impassibili,
sono le mele d’oro del giardino delle Esperidi, sono le luccicanti pere. Tutti
comunicano l’impressione di sortire da un’ideale ferita creatasi nella relazione o
nello scontro tra l’individuo e il mondo.
Il vuoto che essa comporta, e che l’artista rende percepibile, preesisterebbe alla
forma, in qualche misura determinandola.
L’estrinsecarsi della ferita costituisce d’altronde la condizione del suo
riconoscimento, nonché la premessa della sua eventuale rimarginazione.
Il percorso di Zagallo ci conduce inoltre verso ulteriori approfondimenti dove
prevale una forte simbologia emotiva: gli “homeless”, anonime figure
dormienti che, sotto la spinta dell’immaginazione, si trasformano in altrettante
salme fatte tumulare dal vivere civile al di fuori delle proprie mura. Con la loro
esposizione, l’artista le riconvoca idealmente al centro della vita pubblica, non
senza averne pianificato l’effetto spiazzante.
Se, come sostenuto dall’autore, queste nascono per essere degli autoritratti
trasfigurati, è altrettanto vero che presto smarriscono ogni elemento
identificativo o aneddotico per farsi portatrici di un messaggio drammatico di
solitudine ed emarginazione.
A questi lavori realizzati a partire dal 2004 il nostro presente regala purtroppo
una particolare incisività: sono il presagio di una crisi che ha poi investito
l’intero occidente ampliando e radicalizzando i fenomeni di esclusione sociale.
Nell’ambito della sua vasta produzione artistica continua l’interesse di Zagallo
per la figura umana; egli esplora la materialità e la fisicità del corpo con
particolare attenzione all’importanza della sua rappresentazione e percezione in
un contesto di cultura di massa.
Due torsi tattoo – torso guerriero e numerosi dipinti di grandi dimensioni
esibiscono corpi carichi di tatuaggi così come si mostrano al pubblico i
moderni eroi, siano essi calciatori famosi, stars del piccolo e grande schermo o
semplici comparse in facebook.
Ma, come di sorpresa, una serie di quadri dalle piccole dimensioni viene ad
interrompere i nostri pensieri e le nostre aspettative.
L’ambiente è quello domestico con la sua sofferenza vissuta interiormente e
celata nella banalità del quotidiano; una tovaglia dai colori sgargianti, macchie
di vino rosso, una lista della spesa, un biglietto che rivela la difficoltà di
comunicare.
Piccole cose, frasi appena sussurrate, sospiri e prolungati silenzi.
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